Il centro meccanografico

I primi centri meccanografici si sviluppano intorno agli anni ’60 e sono composti da diverse macchine meccanografiche collegate tra loro con diverse funzionalità ed estese per uno o più saloni (Figura 4.1).

Il cuore del centro meccanografico è un calcolatore a valvole capace di eseguire moltiplicazioni e divisioni. Questa macchina può essere considerata come una CPU di un computer moderno. E analogamente alle attuali CPU anche questa macchina aveva bisogno di un sistema di raffreddamento, realizzato con un sistema di aspirazione dell’aria calda.

Il sistema di scrittura e memorizzazione dei dati era realizzato con le macchine perforatrici. Queste macchine, costituite da una tastiera, sono in grado di scrivere sulle schede perforate con opportune perforazioni. Le schede perforate sono poi archiviate, analogamente alla memoria secondaria HD.

C’è la tendenza di sintetizzare il più possibile il contenuto memorizzato in una scheda, in modo da ottimizzare al massimo le 80 colonne disponibili. Per esempio non viene mai scritto un anno per intero, ma vengono riportate soltanto le ultime due cifre. In seguito a questa tendenza si diffonde la paura del Millennium Bug data l’impossibilità di distinguere gli anni successivi all’anno 2000 con quelle precedenti.

Per controllare che il contenuto di una scheda sia corretto sono utilizzate le macchine verificatrici. Sono molto simili alle macchine perforatrici, sia per aspetto che per utilizzo: in entrambi i casi l’operatore digita i dati letti da un documento, ma nel primo caso viene eseguita una perforazione, nel secondo viene segnalato un errore nel caso in cui la perforazione già presente sulla scheda non sia corrispondente al dato digitato.

Una volta generate delle schede perforate in ordine misto è necessario ordinarle e classificarle. A questo scopo viene utilizzata la macchina selezionatrice.

Sia la macchina verificatrice che la selezionatrice effettuano quei processi oggi svolti dal sistema operativo e dal disco per l’organizzazione e la verifica dei dati.

Un’altra macchina presente nei centri meccanografici è la riproduttrice, in grado di effettuare delle copie complete o parziali delle schede perforate sopra a delle schede vergini. Questa macchina è utile, per esempio, per copiare nella prima parte della scheda la matricola di un utente e, nella parte restante, copiare dati relativi ai consumi. La funzionalità della macchina è molto simile al moderno copia e incolla, con la possibilità di stampare nello stesso documento copie provenienti da più fonti.

Le schede ultimate sono elaborate dal calcolatore a valvole che prende in input le schede in maniera ordinata.

Un ultimo passaggio delle schede elaborate dal calcolatore è attraverso la tabulatrice. Questa macchina permette di stampare il contenuto di una scheda con caratteri alfanumerici e può essere relazionata con l’output sul monitor di un computer moderno [11].

La perforatriceLa verificatriceLa selezionatriceLa tabulatriceDifferenze Von Neumann

La perforatrice

La perforatrice è lo strumento utilizzato per effettuare le perforazioni su una scheda. Le prime perforatrici sono meccaniche con inserimento manuale, come in Figura 4.3. Sono formate da una tastierino numerico di 14 tasti: 12 tasti sono impiegati per la perforazione di ciascuna delle righe che compongono la scheda, uno per far avanzare la scheda di una colonna e il tasto per rilasciare la scheda. Per effettuare una perforazione occorre una certa pressione da parte dell’operatore, necessaria per tagliare il cartoncino. Per ogni perforazione la scheda avanza meccanicamente di una posizione [Video 4.1].

Questo tipo di perforatrice permette di perforare una sola riga di una certa colonna. Non è possibile, perciò, registrare caratteri alfabetici con una sola digitazione, poiché sono rappresentati con una perforazione di due righe nella stessa colonna: per rappresentarli è necessario conoscere il codice di una certa lettera ed effettuare la seconda perforazione nella stessa colonna in una fase successiva [Video 4.2].

Nonostante si siano sviluppati in seguito modelli elettrici più veloci e con più funzionalità, la perforatrice “a mano” non viene abbandonata del tutto. Per alcune semplici operazioni era comodo utilizzare una piccola perforatrice per effettuare velocemente poche perforazioni, di solito correttive [Video 4.3].

Con lo sviluppo dell’elettronica, le macchine perforatrici iniziano a essere alimentate elettricamente. La differenza sostanziale con il modello precedente riguarda il metodo con cui le schede vengono inserite e il loro avanzamento. Le perforatrici elettriche sono dotate di un magazzino di perforazione dentro il quale è inserita una pila di schede vergini coperta da un pressaschede. Dal magazzino di perforazione la scheda viene prelevata e inserita in automatico nella stazione di perforazione in corrispondenza della prima colonna. Questa automatizzazione permette un notevole risparmio di tempo.

Anche la digitazione diventa più agile rispetto al modello precedente: la tastiera, similmente ai computer moderni, è più leggera perché la pressione per forare il cartoncino non è più esercitata dall’operatore, ma dalla stazione di perforazione, sfruttando un circuito elettronico.

Il modello base è dotato soltanto di una tastiera numerica, mentre i modelli più avanzati sono dotati di una tastiera alfanumerica, in grado di perforare più righe nella stessa colonna e codificare anche i caratteri alfabetici.

Alcune perforatrici, oltre a perforare, erano in grado di duplicare una scheda in un’altra vergine. Queste macchine sono chiamate anche duplicatrici.

Nella Figura 4.4 è mostrata una perforatrice prodotta dalla Bull con tastierino numerico e modulo di duplicazione. La stazione di perforazione è aperta: si possono vedere i punzoni e parte del circuito. La scheda è inserita nel modulo di lettura per essere duplicata. Il magazzino di perforazione è a destra e nella foto non contiene schede.

Il tastierino numerico è composto anche da un tasto rosso che effettua l’espulsione della scheda. Questo viene utilizzato nel caso in cui non sia necessario perforare tutte e 80 le colonne.

È presente anche un tasto ’t’ per le tabulazioni: se la scheda è divisa in diverse zone, è possibile indicare la colonna d’inizio di ogni zona. In questo modo è possibile saltare al campo successivo velocemente se non dovesse essere necessario completare la zona precedente [Video 4.4].

La scheda utilizzata per la duplicazione è detta programma. Solitamente contiene codici che devono essere inseriti ripetutamente, per esempio, all’inizio della stessa scheda.

Negli ultimi modelli di perforatrice, si veda ad esempio quello di Figura 4.5, esiste anche un modulo di stampa con il quale vengono stampati sulla scheda i valori inseriti. Questa nnovazione è importante per una lettura e una verifica visiva del contenuto di una scheda. Le tastiere, inoltre sono composte anche da caratteri speciali che prevedono 3 perforazioni per ogni colonna.

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La verificatrice

Per alcuni lavori è necessario verificare che i valori riportati in una scheda siano stati digitati correttamente. È infatti possibile che, sia per errore umano che per un malfunzionamento della macchina, alcune perforazioni non risultino nella scheda o risultino in una posizione sbagliata. A questo scopo viene utilizzata la macchina verificatrice [Video 4.5].

Sia le verificatrici meccaniche manuali che quelle più avanzate hanno un aspetto molto simile alle macchine perforatrici. Come per la macchina perforatrice, esistono due configurazioni: con e senza tastiera alfabetica affiancata a quella numerica (Figura 4.6).

La prima generazione prevede un sistema manuale: l’operatore inserisce una scheda già perforata per volta e, tramite sottili punzoni attivati da pulsanti, è possibile verificare se al valore digitato nella verificatrice corrisponde una perforazione nella scheda oppure, in caso contrario, se si trova un ostacolo dovuto alla mancanza del foro. Per questo lavoro è necessaria una certa sensibilità dell’operatore.

La seconda generazione di macchine verificatrici rende il procedimento automatico. Le schede già perforate sono inserite in un magazzino e analogamente alla macchina perforatrice vengono alimentate elettricamente all’interno della macchina. A differenza della prima generazione, quando l’operatore digita un valore, nel caso in cui sia presente nella scheda il valore digitato questa avanzava correttamente alla colonna successiva, altrimenti la macchina segnala un errore.

Se, in seguito a una digitazione, viene rilevato un errore, questo può essere di due tipi: un errore dell’operatore che, in fase di verifica, ha digitato un valore sbagliato, oppure un errore della scheda.

Il primo tipo di errore può essere risolto semplicemente annullando l’ultima battuta dell’operatore e verificando di nuovo il valore corretto. Nel secondo tipo, invece, la macchina è dotata di un nastro inchiostrato, solitamente rosso o nero, che segna la colonna nella quale è stato rilevato l’errore con un trattino. In questo caso l’operatore può decidere se continuare la verifica sulle rimanenti colonne della scheda oppure espellere subito la scheda con il relativo tasto espulsione.

La correzione manuale di una scheda è fatta con speciali tappini che servono a chiudere le perforazioni sbagliate, mentre le nuove perforazioni sono realizzate solitamente con una perforatrice manuale portatile (Figura 4.3). Tuttavia se la scheda contiene un numero eccessivo di errori è preferibile rifare la scheda da zero perché la correzione crea spessori che possono generare errori se le schede vengono utilizzate in altre macchine come, per esempio, la selezionatrice.

Se la scheda verificata non contiene errori viene espulsa in un magazzino contenente tutte le schede lette correttamente, altrimenti viene gettata sul tavolo della verificatrice per la correzione [Video 4.6].

Non è sempre necessario verificare tutte le colonne di una scheda, per questo motivo è stata introdotta successivamente la tabulazione, sia manuale che automatica che permette, come nella perforatrice, di controllare solo alcune specifiche colonne e rendere l’operazione più veloce.

La macchina verificatrice è considerata una macchina ausiliaria: non è necessaria per molti lavori e in alcuni casi la verifica di una scheda viene fatta visivamente stampando i valori di una scheda con la macchine tabulatrice.

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La selezionatrice

La selezionatrice è una delle prime macchine introdotte nello scenario della meccanografia, insieme alla perforatrice. Uno dei primi esemplari è quello progettato da Hollerith.

La funzione principale della macchina è quella di smistare un insieme di schede perforate in diversi sottoinsiemi. Nel caso del censimento la suddivisione serviva per effettuare delle statistiche in maniera veloce, separando le schede nelle diverse categorie. Successivamente la macchina venne utilizzata per effettuare l’ordinamento delle schede e il loro conteggio. [Video 4.7]

La prima macchina selezionatrice prodotta da IBM dopo il modello di Hollerith è stata introdotta nel 1925, rappresentata in Figura 4.8. Questo modello, rispetto al precedente rende automatici dei processi che altrimenti sarebbero stati eseguiti dall’operatore: l’inserimento della scheda per la lettura e il suo smistamento nella casella di destinazione. Lettura e smistamento appartengono, quindi, allo stesso blocco macchina e non sono più due moduli separati come nel caso della selezionatrice di Hollerith. Il numero delle caselle di destinazione rimane 13: 12 erano riservati a ciascuna delle righe contenute in una colonna, l’ultima a eventuali schede vergini o errori. La velocità di ordinamento è di 24.000 schede all’ora.

La selezionatrice è in grado di leggere una certa colonna alla volta, perciò l’ordinamento risulta essere parziale e relativo soltanto alla colonna indicata. Per ottenere un ordinamento totale è necessario agire per ordinamenti successivi, partendo dalla colonna meno significativa, seguendo l’algoritmo radix sort e impostando e man mano la colonna di lettura.

Un altro limite della selezionatrice è dato dall’incapacità di gestire caratteri alfabetici in maniera automatica. I caratteri alfabetici sono, infatti, composti da due cifre sovrapposte nella stessa colonna, una compresa tra l’1 e il 9 e l’altra tra le cifre rimanenti. Similmente al metodo utilizzato per l’ordinamento totale, anche in questo caso si procede per ordinamenti successivi: nella prima lettura vengono lette solo le righe dedicate alla prima cifra, mentre nella seconda si effettua la lettura delle rimanenti righe.

Esiste anche un particolare modello di selezionatrice compatibile con le schede ridotte introdotte da IBM (Figura 4.9). Questo modello, prodotto anch’esso da IBM nel 1969, fa parte del computer IBM System/3, ideato per le piccole e medie imprese.

Attività dell’ordinare le schede

Le attività di ordinamento sono molto comuni nelle aziende. Un esempio riguarda il calcolo dei costi da addebitare nella fattura di un certo utente.

Ogni scheda registra, oltre ai parametri relativi ai consumi, l’utente che ha usufruito di un servizio, codificato con una serie di cifre.

Data una pila di schede, per calcolare i consumi di un certo utente è necessario operare per ordinamenti successivi per ogni colonna che codifica il codice utente. Il risultato che si ottiene è la suddivisione delle schede in base all’utente.

Da qui è possibile utilizzare altre macchine per elaborare i dati e stampare la fattura.

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La tabulatrice

È una delle macchine più importanti e complesse del sistema meccanografico (Figura 4.10). Viene inventata da Hollerith e diffusa negli anni ‘30 dalla IBM. È composta da una stazione di lettura, un magazzino per le schede in input e uno per le schede in output, un pannello programmabile e una stazione di stampa.

La macchina è utilizzata solitamente per leggere un insieme di schede in input, contenenti cifre numeriche, indicando quali colonne prendere in considerazione. Per ogni scheda letta vengono calcolati dei risultati parziali e memorizzati all’interno della macchina finché non sono state lette tutte le schede in input. Il risultato finale viene stampato in una scheda in output e viene effettuato un reset dello stato interno della macchina.

Inizialmente le macchine sono costruite per eseguire solo un’operazione specifica per un certo compito. I pannelli programmabili sono stati inseriti in un secondo momento e permettono di rendere la macchina flessibile per svolgere lavori differenti. Infatti, le operazioni da eseguire per calcolare i risultati parziali sono specificati dall’operatore tramite il pannello programmabile.

Le operazioni programmabili dal pannello sono specificate solo per i numeri, positivi e negativi. Tuttavia le schede possono contenere anche caratteri alfabetici e caratteri speciali. Nella Figura 4.11 si può vedere un esempio di scheda in output contente tutti i caratteri ammessi e la relativa stampa, secondo la codifica IBM.

I pannelli programmabili

I pannelli programmabili sono introdotti nelle macchine tabulartici del 1906 e sono fissi nelle prime implementazioni (come illustrato dalla Figura 4.10). Nel 1928, per poter risparmiare il tempo dovuto alla programmazione, sono stati introdotti dalla IBM dei pannelli mobili (Figura 4.12). Ogni pannello costituisce un programma che può essere inserito e disinserito dall’operatore in base alle esigenze. I pannelli sono formati da una matrice di attacchi, ai quali sono collegati dei connettori. Nella Figura 4.12 un esempio di programma per un pannello mobile. Gli spinotti hanno la funzione di far passare la corrente tra due collegamenti.

Un’estremità indica una specifica colonna, l’altra l’operazione da eseguire. Per i collegamenti sono utilizzati anche dei dispositivi chiamati selettori che realizzano funzioni logiche.

Nei centri meccanografici esiste la figura del pannellista, precursore del programmatore, esperto nelle configurazioni dei pannelli programmabili.

Esiste anche una procedura di debug particolare attuata dai pannellisti in caso di malfunzionamenti per capire se è presente un guasto nel collegamento o all’interno della macchina. Viene staccata una sola estremità di un collegamento sospetto che viene tenuta tra le dita e successivamente avviata la macchina: se il pannellista non avverte una leggera scossa in un certo momento allora significa che esiste un guasto nella macchina o il cavo è bruciato. [1]

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Differenze Von Neumann

Il modello di Von Neumann è stato descritto dall’omonimo informatico nel 1945 nella sua relazione First draft of a report on the EDVAC e il primo calcolatore costruito con questa architettura è l’EDVAC (Figura 4.17).

La macchina di Von Neumann è composta da 5 componenti: la CPU, composta a sua volta da una parte operativa (la ALU, Arithmetic Logic Unit) e una parte di controllo, la memoria principale (RAM) contenente dati e istruzioni, unità di input, unità di output e un canale, il BUS, che collega tra loro tutte le componenti.

Alcuni di questi elementi sono già presenti nel centro meccanografico: la memoria di massa è realizzata con l’archivio delle schede perforate, la perforatrice funge da periferica di input, mentre la tabulatrice funge da periferica di output e, insieme alla calcolatrice, funge anche da unità aritmetico-logica. Mancano, invece, il BUS, la memoria centrale e l’unità di controllo. Il collegamento tra le varie componenti è realizzato dagli operatori del centro che si occupano di spostare fisicamente le schede dall’archivio alle varie macchine in base alle esigenze.

Un passo intermedio tra la macchina di Von Neumann e il centro meccanografico è dato dai pannelli mobili programmabili della macchina tabulatrice. È in questo contesto che nasce la figura del programmatore e l’idea di affidare alla stessa macchina compiti diversi.

L’idea principale che contraddistingue questa nuova architettura con un tradizionale centro meccanografico è la memorizzazione di un programma attraverso numeri, in maniera analoga ai dati, e la possibilità di variare la sequenza di esecuzione in base allo stato attuale della macchina, derivato da risultati intermedi.

Nella Figura 4.16 un esempio di programma su schede perforate.

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[1] http://www.windoweb.it/edpstory_new/ev_centro.htm