Storia della meccanografia

Questa tesi, di carattere storico, ha come obiettivo quello di illustrare il percorso evolutivo che ha portato alla realizzazione dei moderni calcolatori e lo scenario nel quale esso si svolge, con un’attenzione particolare al periodo delle macchine meccanografiche.

Nei primi capitoli viene illustrata la storia del calcolo dalle origini nelle civiltà antiche fino alle prime calcolatrici del ‘600 e lo sviluppo tecnologico che ha portato nel 1890 a realizzare il primo censimento gestito con macchine automatizzate. Il censimento del 1890 è un evento fondamentale per lo sviluppo dell’informatica, sia per la diffusione che ha avuto che per il successo riscontrato.

Vengono inoltre illustrate le schede perforate, elemento fondamentale per l’utilizzo delle prime macchine meccanografiche e un esempio di come esse sono utilizzate.

Successivamente viene mostrato il centro meccanografico, le principali macchine che sono utilizzate e il loro funzionamento.

La tesi è, inoltre, avvalorata dalla testimonianza del sig. Ermenegildo Andriolo. Andriolo ha, infatti, lavorato sia come tecnico che come operatore nella zona del Veneto orientale e ha seguito personalmente lo sviluppo e le novità dell’epoca. La sua testimonianza è resa tangibile dalla sua vasta collezione personale, composta da macchine ancora funzionanti. A Ermenegildo vanno i ringraziamenti per la realizzazione di questa tesi, alla quale ha dato un contributo importante sia per la spiegazione delle macchine che per il suo entusiasmo.

Il centro meccanografico in Italia

In Italia la diffusione della meccanografia è molto lenta rispetto agli Stati Uniti e al resto dell’Europa. Verso gli anni ’20 in Italia ci sono soltanto 4 centri meccanografici, posseduti da Pirelli, Ina, Fiat e Banco di Napoli. Nel resto d’Europa sono installati, invece, 150 centri meccanografici, concentrati principalmente in Germania e Gran Bretagna, mentre negli Stati Uniti il processo di meccanizzazione è già iniziato con in censimento del 1890. Più tardi, intorno agli anni ’40 la diffusione si allarga a 60 centri, mentre in Europa sono segnalati attivi circa 1000 centri meccanografici.

A incoraggiare l’utilizzo delle macchine meccanografiche sono da un lato le case produttrici (Olivetti-Bull e IBM), dall’altro il nuovo approccio di tipo scientifico sull’organizzazione del lavoro. Viene diffusa, inoltre, una campagna d’informazione promossa dall’ENIOS (Ente Nazionale Italiano Organizzazine Scientifica del lavoro), tramite una rivista mensile (copertina in Figura 2.1). In questa campagna viene mostrato come l’utilizzo di macchine meccanografiche sia necessario per l’ottimizzazione del lavoro nelle imprese. Si sosteneva, infatti, che “l’introduzione del mezzo meccanografico ha accertato delle economie: queste possono distinguersi in accelerazione di consegna del lavoro (tempo) ed in vere e proprie riduzioni di costi [...] accelerazione dei tempi del 50%, diminuzione del numero di personale del 20%, riduzione di costo del 20”. [1]

Intorno agli anni ’50 la diffusione arriva intorno ai 300 centri. I centri sono impiegati anche in contesti pubblici, sono molti, infatti, i comuni che hanno deciso di impiegare le macchine meccanografiche per svolgere le proprie funzioni.

Nonostante in questo periodo siano già disponibili nel mercato i primi elaboratori elettronici, in Italia grandi aziende continuano a investire sulla meccanografia. Sono solo 19 i centri di elaborazione elettronica installati in questi anni.

La lenta diffusione dell’elettronica dei centri di elaborazione è data da due perplessità. La prima riguarda l’effettivo vantaggio di investire in nuove macchine “che, sia pure, lavorano più veloci, quando la velocità del sistema meccanografico ci è già sufficiente” [2]. La seconda riguarda una perplessità ancora attuale, oggi chiamata intelligenza artificiale: Manaira scrive: ”Ci dovremmo meravigliare", si scriveva nel 1953 sulla stampa economica, "se i cibernetici, col satanico orgoglio della loro satanica ambizione soddisfatta, proclamano di aver costruito delle macchine che pensano, quando esse sono tali da reagire a stimoli interni ed esterni e quale farebbe un cervello umano? E che cosa possiamo opporre a ciò? Forse soltanto l'obiezione che questi cervelli non hanno la coscienza del proprio pensiero; e cioé in definitiva, non pensano, ma agiscono solo nell'identico modo come se pensassero” [3]. [4]

Top ↑


Galleria immagini

[1] P.S., Fatturazione ed analisi vendite con macchine a schede perforate, in “L’Ufficio moderno”, n. 7, luglio 1951, p. 510. Cfr. anche A.B., La perforazione elettrica nei sistemi contabili a schede perforate, in "L’Ufficio Moderno”, n. 1, gennaio 1951, pp. 37-39

[2] G. Vecchiato, Il fantastico impiegato del Banco di Roma, in “Civiltà delle macchine”, n. 2/3, mar-giu 1959

[3] M. Manaira, Cibernetica la scienza del giorno, in "L'Ufficio Moderno", n. 10 del 1953, p. 1274

[4] Saggio Il percorso italiano verso l’informatizzazione: dal centro meccanografico al primo elaboratore elettronico di M. Zane