I supporti per la memorizzazione

In questo capitolo viene illustrato il supporto di memoria utilizzato dalle macchine meccanografiche: le schede perforate.

Rispetto a un calcolatore moderno possiamo associare tale supporto alla memoria secondaria. La sua funzione è quella di memorizzare informazioni, ma, a differenza dei supporti moderni, non sono in grado di memorizzare istruzioni di programmi.

Le schede sono archiviate in scaffali con dimensioni di un’intera stanza (si veda ad esempio la Figura 3.1).

Le schede perforateEsempio di utilizzoDopo le schede perforate

Le schede perforate

Le schede perforate sono il primo supporto utilizzato per la memorizzazione dei dati. Sono state standardizzate a partire dal 1928 e sono in grado di memorizzare 0.08 KB di dati (Figura 3.2).

Le schede utilizzate per le macchine meccanografiche hanno un formato standard. Si è deciso di utilizzare lo standard proposto dalla IBM, forte della sua posizione di mercato.

Lo standard prevede che le schede siano costituite da 80 colonne con 12 righe ciascuna. Un angolo della scheda riporta un taglio orizzontale, in modo da indicare all’operatore il verso corretto di inserimento in una data macchina, i bordi sono arrotondati. La lunghezza è di circa 18 cm, l’altezza 8 cm e lo spessore 0.17 mm. A differenza delle prime schede utilizzate per il censimento del 1890, nello standard IBM le perforazioni sono rettangolari.

L’idea di base delle schede perforate è quella di codificare un’informazione tramite una serie di perforazioni in una scheda che può essere letta da una macchina meccanografica. La lettura di una scheda è sequenziale. Viene letta una colonna per volta dalla prima a sinistra all’ottantesima. In ogni colonna le 12 righe sono lette simultaneamente. In ogni colonna possono essere presenti diverse perforazioni. 10 delle 12 righe rappresentano una cifra da 0 a 9, stampata sulla scheda stessa. Nella Figura 3.2 possiamo notare che sono presenti delle perforazioni nelle prime colonne. In particolare la prima colonna contiene due perforazioni sulla riga che identifica la cifra 0 e la cifra 2. Solitamente in ogni colonna non ci sono più di 3 perforazioni.

Il metodo di codifica è differente da quello utilizzato dai calcolatori moderni. Il sistema utilizzato prevede una codifica decimale invece di quella binaria. Ogni perforazione contenuta in una colonna, infatti, non corrisponde a un bit, ma a una cifra dallo zero al nove. Una perforazione codifica un numero, due una lettera e tre identificano la punteggiatura. Nella Figura 3.2, ad esempio, la prima colonna che ha due perforazioni rappresenta la lettera ’s’, la seconda colonna ha una sola perforazione e rappresenta il numero 7.

La decodifica dei caratteri può essere effettuata sia da alcune macchine chiamate traduttrici o interpreti, oppure manualmente tramite alcune tabelle. Nella Figura 3.3 è mostrata una tabella per la decodifica delle lettere secondo lo standard Olivetti-Bull.

Le perforazioni sono realizzate dalle macchine perforatrici. Eventuali errori di perforazione possono essere corretti con appositi adesivi.

Una particolare scheda ridotta viene prodotta nel 1969 da IBM (Figura 3.4). La lunghezza di questa scheda è un terzo della scheda classica. Nonostante la riduzione delle dimensioni, ogni scheda contiene 96 colonne, i fori, invece, sono rotondi. Lo scopo è quello di diminuire il volume che viene impiegato per l’archiviazione di dati. Ogni scheda è capace, quindi, di contenere il 20% in più dei dati in uno spazio ridotto [1] [Video 3.1].

Le schede sono solitamente contenute in cassetti (Figura 3.5) di armadi che costituiscono l’archivio dei dati di una certa azienda.

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Esempio di utilizzo

In Italia l’utilizzo di schede perforate è stato applicato in diversi ambiti, tra i quali quello bancario, statistico e nel calcolo delle bollette. Un esempio particolare di applicazione è in ambito telefonico nel calcolo delle fatture mensili per ogni utente.

Prima dell’introduzione dei centralini automatici le chiamate sono indirizzate da degli operatori chiamati centralinisti. Questi operatori hanno in compito di collegare fisicamente le linee di due telefoni corrispondenti al chiamante e al chiamato e registrare i dati della chiamata (per esempio durata della chiamata, provenienza e destinazione) per poter addebitare i costi della chiamata [2]. Nella Figura 3.7 è mostrata la foto di un centralino nella seconda metà degli anni ’30.

Per registrare i dati relativi a una chiamata i centralinisti hanno a disposizione delle schede perforate vergini. Ogni scheda è divisa in diverse aree, ognuna delle quali rappresenta una diversa informazione da memorizzare. Nella Figura 3.6 è mostrato un fax-simile di una scheda e le suddivisioni relative ai vari campi di informazione.

Molto particolare è il processo adottato per effettuare le perforazioni di una scheda. Le perforazioni, infatti, non sono fatte direttamente dal centralinista, ma in un secondo momento.

Gli operatori sono forniti di una particolare penna dotata di una doppia punta: la prima è una normale biro, la seconda una mina in ferrite. La biro è utilizzata per scrivere sulla scheda i dati della chiamata in modo tale da poter essere letti visivamente, la mina in ferrite, invece, per segnare le caselle che successivamente saranno perforate. La ferrite è utilizzata per la sua caratteristica di poter essere magnetizzata.

Esiste, dunque, un sistema di tre macchine collegate tra loro che eseguono le seguenti operazioni: magnetizzazione della ferrite, lettura dei segni tramite appositi sensori e perforazione delle caselle lette in precedenza.

Terminata la perforazione, è possibile ordinare le schede in modo tale da suddividerle per utente e calcolare in un secondo momento per ogni utente il costo da addebitare. [Video 3.2]

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Dopo le schede perforate

Successivamente alle schede perforate sono stati introdotti i nastri magnetici, introdotti dalla IBM nel 1950 (Figura 3.8). Tra i primi elaboratori capaci di supportare i nastri magnetici c’è l’UNIVAC I (Figura 3.9). L’idea di utilizzare i nastri magnetici per la memorizzazione di dati è già nota prima del loro impiego in ambito meccanografico. Infatti già nel 1935 vengono prodotti dalla I.G. Farben i primi nastri magnetici utilizzati come supporto per l’audio.

Lo standard utilizzato è quello proposto dalla IBM: i nastri magnetici sono formati da un nastro magnetico largo mezzo pollice avvolto su bobine rimovibili con un diametro di 10,5 pollici. Il nastro è ricoperto da uno strato di ossido metallico.

Ogni nastro può contenere 0.85 MByte e si rivela un netto miglioramento rispetto alle schede perforate che riescono a contenere soltanto 0.08 KByte [1]. Nonostante i nastri abbiano una capacità di archiviazione nettamente superiore alle schede perforate, quest’ultime continuano a essere utilizzate su larga scala.

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Galleria immagini


[1] Timeline supporti di memoria http://www.historybit.it/Supporti/supporti.php

[2] Archivio storico Telecom Italia http://archiviostorico.telecomitalia.com/sites/default/files/I%20centralini_0.pdf