5 novembre 1923

Bauhaus, uno straordinario esperimento dell’avanguardia nasce come reazione allo snobismo predominante nel mondo culturale ed artistico, tentando un ritorno al passato, al mestiere che stava uscendo da scena dell’arte. Ideata dall’architetto Gropius, questa evoluta e democratica “loggia dei muratori”, questa nuova corporazione degli artefici senza distinzione di classe, senza distinzione fra artigiano e artista, la scuola ebbe come l’obbiettivo di unire arte, artigianato e tecnologia. Puntando all’esaltazione dell’artigianato e della manualità dell’artista, alla sua praticità e utilità, si proponeva di formare un moderno ordine di artigiani. Partendo da queste premesse, nel Bauhaus si sperimentò la costruzione di una cultura artistica che non fosse elitaria, ma che appartenesse al popolo, portandoci alla nascita del design cosi come lo conosciamo oggi.

Ed è proprio questo clima particolare che ci presenta la storia d’oggi, il cui protagonista ‘Meister’ alla scuola del Bauhaus e famoso artista dell’avanguardia, Paul Klee, ci invita ad un nuovo mondo della riflessione artistica e specialmente teorica. Usando la metafora dei semi vegetali, durante una delle lezioni al Bauhaus tenuta il 5 novembre 1923, Paul Klee esprime la sua idea di genesi di un’opera, manifestando il carattere filosofico e misticheggiante della sua arte: “Una certa occasione esterna, il rapporto con la terra e l’atmosfera, ingenera la capacità di crescere. La sonnecchiante volontà di formazione e di articolazione si desta nella sua precisa determinatezza in rapporto all’idea soggiacente, al logos o, come è stato tradotto questo termine, alla parola che era al principio. La parola come premessa, come idea per la genesi di un’opera”.  Il riferimento a l’incipit del Vangelo di Giovanni (“In principio era il Verbo”) non è testimone di una concezione creazionistica dell’opera d’arte imbevuta della natura divina, quanto del carattere olistico dell’atto di creazione. Ciò che viene partorito nell’atto artistico nasce in un dato momento ma la sua concezione, il suo concepimento, è nell’esercizio del pensiero, nell’idea soggiacente creatrice: ex nihilo nihil fit, ma dalla semplice parola: l’arte. Racchiusa nella sua non esistenza, l’opera, in principio, viene modellata nel pensiero  e tutto ciò che è pensabile in un dato momento viene escluso con raffinatezza eleggendo attraverso l’idea una forma, una musica, dei colori, delle sensazioni che concorrono alla definizione dell’idea stessa: è il dono dell’esistenza che può essere attuata o dimenticata ma che non potrà più non essere.

Klee, stimolato da questo straordinario esperimento culturale, artistico e umano a cui partecipa e contribuisce, giunge alla pienezza dei suoi mezzi espressivi e alla formazione di una vera e propria teoria artistica della creazione, la quale si riflette nel Paesaggio con uccelli gialli. La sua attività didattica, la sua natura artistica, la musica, i ricordi, il gusto per il colore e i disegni infantili, tutto si ritrova in questo paesaggio da favola, dove in uno spazio senza profondità, in una specie di foresta tropicale, tra bizzarre piante svolazzano uccelli gialli, esprimendo un pensiero complesso, tale che i suoi dipinti sono osservabili al pari di un testo filosofico. Prima di tutto: “l’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che sempre non lo è”, diceva l’artista, intendendo l’arte non come una semplice rappresentazione della realtà, bensì come un’indagine che svela i meccanismi più profondi nascosti nella natura. E come rendere visibile ciò che invece non lo è? Usando l’immaginazione e “prendendo una linea e portandola a fare una passeggiata”, come consigliava ai suoi studenti, così da creare dei mondi nuovi con le proprie regole, per inventare tutta una serie di universi impregnati della ricerca del colore e dei segni. La sua pittura nasce tutta nella sua immaginazione, sviluppando un’espressione particolare ed unica, una specie di gioco creativo; definito nella sua ammirazione per l’ingenuità e la purezza dei bambini e nella sua passione per la musica, in questo gioco creativo vengono intrecciate sinfonie armoniose nelle sue tele. L’espressività infantile è lo strumento attraverso il quale l’artista porta lo spettatore a guardare al di là di ciò che è visibile, invitandolo ad andare oltre, verso l’invisibile nascosto in ciò che è raffigurato: un mondo astratto, magico e misterioso, dove l’immagine diventa la metafora musicale.

Nei quadri di Klee accade qualcosa di speciale tra il colore e il suono. Attraverso l’uso di significanti elementari come alfabeto per  il suo linguaggio, egli descrive la sua poetica, la sua canzone o l’invisibile. I simboli che li rappresentano sono così semplici che anche un bambino li potrebbe comprendere perché è l’uno parte dell’altro; in qualche maniera misteriosa, l’uno risuona l’altro e, come in una semplice melodia. il senso del suo insieme è nella somma definitiva delle sue parti. La sua pittura riesce a stabilire, attraverso i colori e i segni, un accordo speciale che risveglia aree del nostro cervello deputate a interpretare i suoni. La musica diviene espressione par excellence dell’armonia, del ritmo, del movimento, della sua teoria delle “linee attive” e “l’aree passive”, delle sue immagini ritmiche, le quali, sottolineando la dimensione temporale, rendono della sua arte un dipinto brano musicale.

 

Paul Klee
Paesaggio con uccelli gialli
1923
Acquerello su cartoncino
44 x 35,5 cm
Basilea, Collezione Doetsch Benziger

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